Hong Kong è decisamente un posto interessante. E anche il modo in cui si muove la gente è interessante. I motorini sono proibiti, le auto private in strada sono pochissime, biciclette in città non ne ho mai viste: o si usano i mezzi pubblici, taxi inclusi, o si va a piedi.
Io ho la fortuna di avere un alloggio a poco più di dieci minuti a piedi dal mio ufficio alla Polytechnic University (PolyU), e il mio percorso è, credo, abbastanza indicativo per questo genere di spostamenti. Appena sono arrivato, ho provato a farlo a livello del suolo e ho scoperto che è fisicamente impossibile – le strade sono bloccate con cancellate o muri che impediscono l’attraversamento ai pedoni. A quel punto, mi sono adeguato. È vero che, quando esco dalla porta, giro a destra su un marciapiede “normale”, ancorché tra i grattacieli:
Questo tratto dura però solo poco più di cento metri. Dopodiché, devo salire su una passerella pedonale:
Da quel punto in poi, abbandono definitivamente il livello del suolo. Il passo successivo è, al termine della passerella, l’attraversamento di un semaforo su un incrocio sopraelevato. Dall’altro lato del passaggio si apre un ingresso secondario del centro commerciale Metropolis. Due rampe di scale mobili portano a una galleria di negozi, con bar da architetti dove si paga con l’iPhone e aria condizionata a 15 gradi…
…, e poi all’atrio principale del centro, dove da qualche giorno è già in preparazione un’installazione natalizia basata su Cars e dotata non solo di tricolore, ma di una grande sagoma con la Torre di Pisa, per la gioia di grandi e piccini:
Fuori dall’atrio c’è un’altra passerella, in discesa, che porta alla stazione di Hung Hom:
Io non entro in stazione, e mi limito a costeggiarla sulla sinistra. Accanto al punto di discesa c’è, del resto, la parte più pittoresca, e più inquietante, del percorso: uno spiazzo tra le scale e la tettoia dei taxi dove, da quando sono arrivato, tutti i giorni si ritrovano dimostranti pro o contro il Falung Gong. Il metodo principale di protesta consiste, sembrerebbe, nello stare seduti a occhi chiusi tra gli striscioni, o nel praticare il tai chi. A volte ci sono i sostenitori, a volte gli avversari (che danno l’idea di essere pagati dal Partito Comunista, o qualcosa di simile), e a volte lo spazio è diviso equamente in due.
Io, devo dire, mi diverto molto agli improbabili slogan degli avversari (“Cherish your life! Falung Gong hoodwinks people and seeks glory in the name of religion!”); ma in ogni caso, costeggiata la stazione, compaiono altre scale e si scende. Altra passerella pedonale, che scavalca il mostruoso traffico che entra ed esce dall’imboccatura del tunnel sottomarino per Victoria:
Questa passerella è un po’ la classica fetta di prosciutto nel panino. C’è il traffico sotto, ma c’è anche il traffico sopra, perché il tetto è in effetti uno svincolo stradale. Comunque, dopo centocinquanta metri o giù di lì il percorso fa una curva, la passerella prosegue verso Mandarin Plaza e io invece stacco a destra, su una più modesta passerellina che è anche il punto di accesso al “Podium”, lo spazio principale della PolyU:
Anche qui non siamo a livello del suolo: il “Podium” è in pratica al secondo piano, e per arrivare occorre scendere parecchio. A livello del suolo, davanti a un pratino interno, c’è però il miglior bar della zona, dotato anche di caffè Illy; e quindi io di solito punto in quella direzione, scendo due rampe di scale e ordino un marocchino. Che qui tende ad assomigliare pericolosamente a un cappuccino grande con un po’ di cioccolato sul fondo, ma insomma, viste le circostanze non mi lamento.
2 commenti:
Caro Mirko,
molto interessante il tuo percorso casa-ufficio.
Mi ricorda alcune parti di Osaka, fatte anch'esse di passerelle e tunnel intrecciati con strade riservate al traffico, e disseminate di piccoli negozietti che vendevano di tutto.
Ovviamente, anche io facevo tappa fissa allo Starbucks (che non è certamente Illy) vicino alla stazione di Izumi-Chuo.
Ciao, Elisa!
Qui lo Starbucks più vicino è in effetti all'interno della stazione di Hung Hom. E... diciamo che ci ho provato! Ma se gli Starbucks in Italia non attaccano, il motivo c'è...
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