La settimana scorsa ho perso una mattina intera in fila al Catasto di Pisa. Non tutto il male viene però per nuocere: nell'attesa ho letto buona parte di English as a Global Language di David Crystal. Il caso ha poi voluto che, tornato in Dipartimento, mi trovassi nella cassetta della posta un libretto non richiesto della Franco Angeli: L'Europa intera parlerà solo inglese? di un a me sconosciuto Andrea Chiti-Batelli. Lo spessore dei due libri è ovviamente diverso (in tutti i sensi), ma i temi si incastrano quasi a perfezione, e alla fine salta fuori un collegamento interessante con le letture sul mutamento linguistico che ho fatto nel corso del 2007.
Alla base dei libri di Crystal e di Chiti-Batelli c'è una domanda comune: quale sarà l'evoluzione delle lingue? La risposta di Crystal è di banale buon senso - tutt'altro che geniale, come del resto molti dei suoi libri, ma utile proprio per questo. In sostanza, nessuno può prevedere il modo in cui evolveranno le lingue, ma l'inglese ha assunto un ruolo importante nella comunicazione internazionale e al momento non c'è niente che lo possa scalzare. Né sono in vista sue profonde alterazioni: tutt'al più, ci sono comunità che potrebbero progressivamente adottare questa lingua e trasformarla, a un certo livello, ma che al momento di passare alla comunicazione internazionale ricorreranno comunque all'inglese standard, secondo i consueti schemi della diglossia.
Molto più catastrofico il libro di Chiti-Batelli. Ovviamente l'autore non è un linguista di professione, ma ha alle spalle letture che gli consentono di evitare i trabocchetti peggiori. Rimane il fatto che, mentre il libro di Crystal è basato su ipotesi, sfumature, cautele e distinguo (com'è giusto che sia), questo è tagliato con l'accetta. E, non sorprendentemente, Chiti-Batelli manifesta preoccupazione sia per l'eventualità che nel 2050 l'Europa parli solo inglese (!), sia per quella che entro cent'anni sia completamente islamizzata (!!). Due eventi che, pur non essendo del tutto impossibili, rientrano nell'ambito degli "incredibilmente improbabili". Così come in quest'ambito rientra il "rimedio" proposto dall'autore: la diffusione dell'esperanto (!!!), che, essendo lingua non materna per nessuno (anzi, l'autore propone che venga vietato l'uso dell'esperanto come lingua materna!), non potrà cancellare le lingue preesistenti, impedendo una glottofagia come quella operata dall'inglese.
Nonostante il tema comune, i due libri sono quindi enormemente diversi. Un'idea comune, però, ce l'hanno: l'applicabilità del paragone con il latino. In fin dei conti, il latino non è un esempio di una lingua internazionale che ha sostituito le lingue dei popoli sottomessi? In sintonia con il suo modo di fare, Crystal presenta l'esempio ma lo circonda di distinguo. Nel caso di Chiti-Batelli, invece, il latino è illustre precedente di ciò che sta accadendo ora con l'inglese.
Ma è davvero così? Davvero è così facile che una lingua sostituisca le altre? Nel caso del latino, per esempio, la Francia è passata rapidamente a parlare... beh, francese, non latino. E davvero il latino ha sostituito "lingue preesistenti"? Certo, questa è l'opinione comune dei linguisti, ma forse le cose non stanno proprio così - e forse la glottofagia è un evento più raro di quanto si possa pensare. Una proposta a prima vista folle come la "Teoria della continuità" di Mario Alinei ha molti punti discutibili, ma rappresenta un importante stimolo a vedere la storia in modo diverso, e sicuramente mette il dito sui molti punti di crisi della ricostruzione tradizionale delle lingue. Spero di buttar giù qualche appunto in proposito nei prossimi post.
Auguri di “buon ponte” al gatto defunto
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Una notiziola dalla provincia italiana con lo zampino dell’inglese
2 giorni fa