Negli ultimi mesi sono uscite, su riviste specializzate, due recensioni del mio libro Lingue e intelligenza artificiale. In entrambi i casi si tratta di presentazioni molto articolate, che dedicano ampio spazio a riassumere i contenuti del libro. Ringrazio moltissimo entrambi gli autori per queste manifestazioni di interesse!
La prima recensione, di Simona Turbanti, è dedicata per intero al libro ed è stata pubblicata nei “Nuovi annali della Scuola speciale per archivisti e bibliotecari”, 32, 2018, pp. 301-305. In chiusura, Lingue e intelligenza artificiale viene giudicato “una lettura stimolante anche per i non specialisti addentrandosi, con fare agile, in una serie di temi assai complessi ma i cui effetti pratici sono facilmente constatabili da ognuno di noi nella vita quotidiana” (p. 305).
La seconda, di Riccardo Gualdo, è in effetti parte di una “segnalazione” collettiva di tre libri che trattano questioni a cavallo tra scienze umane e informatica. La segnalazione è stata pubblicata su “Lingue e culture dei media”, 3, 1/2, pp. 180-188, e gli altri due libri presi in esame sono L’impronta digitale di Lorenzo Tomasin e L’età della frammentazione di Gino Roncaglia. In questo contesto di altissimo profilo, è per me molto impegnativo leggere che a giudizio dell’autore
Sul piano della conoscenza, la bussola di Tavosanis è forse la lettura più utile, perché deriva da dirette sperimentazioni dell’autore, il quale non spiega come” funzionano i programmi che descrive, ma ci dice “che cosa” sono in grado di fare e prova a immaginare quali effetti possano produrre sulla conoscenza e l’uso della lingua (p. 180).
Ancora più lusinghiera è una considerazione riassuntiva (e che, per quanto riguarda l’esortazione generale, condivido naturalmente in pieno):
Consiglierei senz’altro la lettura di manuali come quello di Tavosanis ai futuri docenti di italiano; se lo Stato saprà cogliere, con adeguati investimenti e una salutare iniezione di docenti più giovani nel sistema scolastico e universitario, l’urgenza di un’“agenda digitale” elaborata con metodo e serietà, forse potremo essere meno pessimisti sul futuro della nostra lingua (p. 182).
A prescindere dalla trattazione del mio libro, comunque, le riflessioni d’assieme presentate da Gualdo nella sua “segnalazione” sono ampiamente condivisibili. In particolare, mostrano una notevole attenzione a ciò che accade quando si passa dalla teoria alla pratica, e a “quanta fatica richieda, nella scuola italiana di oggi, sperimentare nella pratica diretta con gli studenti” le idee, anche se brillanti, che emergono da riflessioni più astratte. Questa possibile integrazione tra teoria e pratica è una delle sfide più stimolanti che ci troviamo di fronte oggi; di sicuro, è anche una sfida molto difficile… ma sono sicuro che i bravi docenti riusciranno a vincerla.